lunedì 15 agosto 2011

Il Palazzo della Mezzanotte

Caro Lettore,
concludo (per ora) questa breve parentesi di post dedicati a libri e letture - è estate, che altro vuoi fare a parte lavorare? - con Il Palazzo della Mezzanotte di Carlos Ruiz Zafón (Mondadori):
«Dovevamo ancora imparare che il Diavolo ha creato la gioventù per farci commettere i nostri errori e che Dio ha istituito la maturità e la vecchiaia per consentirci di pagarne il prezzo» (p. 116).
«E in effetti nulla è più difficile da credere come la verità e, al contrario, niente è più seducente della forza della menzogna quanto maggiore è il suo peso. È una legge della vita e starà al vostro giudizio trovare il giusto equilibrio» (p. 125).
«Chi dice che l’infanzia è il periodo più felice della vita è un bugiardo o uno stupido» (p. 145).
«La tattica è l’insieme dei piccoli passi che fai per arrivare in un punto. La strategia sono i passi che fai quando non hai più nessun posto dove andare» (p. 160).
«Un aspide. Questo è l’animale che più somiglia all’uomo. Striscia e all’occorrenza cambia pelle. Ruba e mangia i piccoli delle altre specie quando sono ancora nel nido, ma è incapace di affrontarli in un combattimento a viso aperto. La sua specialità è approfittare della minima opportunità per assestare il suo morso letale. […] Ma perfino questa bestiola, nella sua meschinità, possiede un certo gusto per la poesia, come l’uomo. Anche se, a differenza dell’uomo, non morderebbe mai un suo simile. Un fidetto, non credi? Magari è proprio per questo che ha finito per essere usata per il divertimento dei curiosi negli spettacoli di strada dei fachiri. Il serpente non è ancora all’altezza del re del creato» (p. 247).

E se ti consigliassi anche queste dagli Appunti di un venditore di donne di Giorgio Faletti (B.C.Dalai Editore)?
«È incredibile come certa gente si arrenda subito. Non sono perdenti, sono quelli che non ci provano nemmeno. E questo li rende protagonisti di qualcosa che è molto peggio di qualunque sconfitta».
«Quando nasci ti tirano a sorte. È solo una questione di culo la pagina dove vai a finire. Da quel punto ci sono poi il bianco e il nero, gli spazi vuoti da cui cacciare le incognite, le lettere pronte a qualunque calligrafia, ognuna nella sua casella con la presunzione di essere importante. Per poi rendersi conto che non è nulla senza tutte le altre.
In fondo è solo questo che siamo: orizzontali e verticali. Una semplice serie di atteggiamenti e di posizioni, parole che si incrociano mentre camminiamo, dormiamo, giochiamo, facciamo l’amore, torniamo a casa con i brividi e cadiamo nel letto ammalati. Finché un giorno tutto si omologa e ci si rende conto che l’enigma, quello che si sta provando a risolvere da tanto e con tanta fatica, non potrà mai essere risolto.
Il resto del tempo è una lunga linea orizzontale» (p. 155).