martedì 4 gennaio 2022

La stanza numero 30

La prima lettura conclusa dell'anno porta la firma di Ilda Boccassini, "La stanza numero 30. Cronache di una vita", Feltrinelli. Ringrazio di cuore Ilda Boccassini per avermi permesso di entrare e di sostare nella stanza numero 30 al quarto piano del palazzo di giustizia di Milano, di rivivere con le carte in mano anni che farò fatica a spiegare a mia figlia - e certo ne farò meno grazie a questo libro - quando verrà il momento di parlarle di giustizia, di etica, di morale, di valori condivisi da una comunità. Di scegliere, in breve, quale donna essere.

«In un degradante ma ormai generalizzato rovesciamento di senso, il fatto di non inseguire una raccomandazione viene percepito come disinteresse verso la propria candidatura: "Ma tu non ti sei fatto avanti, pensavo che in fondo quel posto non ti interessasse". La lezione è dunque sempre la stessa: per vincere devi piegarti, metterti in mostra, promettere, assicurarti appoggi nella tua categoria, come nei gironi della politica e della burocrazia» (p. 177).

«In questo libro ho descritto più volte il mio abbigliamento e le collane che ho indossato in occasione di momenti importanti della vita, perché sono elementi che hanno sempre rappresentato un simbolo della mia libertà. Non a caso questa prospettiva è stata perfettamente colta, quasi vent'anni fa, proprio da una donna, la quale, dopo l'udienza tenuta in aula magna, alla presenza di Berlusconi, scrisse una lettera all'Unità". Il titolo era "La collana di Ilda. Il coraggio delle donne".
Una donna seduta con la testa inclinata, appoggiata a un braccio. Una toga. Uno sguardo amaro. Una grande collana rossa a doppio giro che spiccava in questa immagine. La sofferenza di Ilda. La solitudine di Ilda. La speranza di Ilda. Cara, coraggiosa donna che hai visto morire il tuo collega, inghiottito dalla vorace ferocia di tutti i burattinai di questo Paese. Hai visto morire la speranza, la voglia di riscatto giorno per giorno. Ma sei rimasta lì al tuo posto, incrollabile, sicura, sola. Cara Ilda, la tua collana è la mia. Si intreccia con le catene della sofferenza di tutte le donne che hanno patito nei secoli discriminazioni, dileggi, offese, perché hanno osato entrare nel mondo degli uomini a rivendicare il loro diritto di esistere, di pensare, di credere. E di tutte le donne coraggiose che hanno trasmesso alle altre, più deboli, la forza di resistere. E tu che hai visto morire Giovanni Falcone, tu che hai dovuto privarti del suo consiglio, del suo conforto, della sua saggezza, portavi una collana rossa. Portavi addosso la passione indomita per la giustizia, per l'amore, per il riscatto. Credono "essi" di riuscire a piegarti?» (p. 341).