lunedì 3 ottobre 2011

Come un romanzo... da leggere

Caro Lettore,
come ho fatto a imbattermi in queste magnifiche 139 pagine soltanto ieri? Non far come me e, per lo statuto che t’ho assegnato, non accontentarti di queste poche citazioni. Procurati Come un romanzo di Daniel Pennac (Feltrinelli):

«Tanto più inconcepibile, questa avversione per la lettura, se apparteniamo a una generazione, a un’epoca, a un ambiente, a una famiglia dove la tendenza era piuttosto quella d’impedirci di leggere.
“Ma smettila di leggere, insomma, ti rovinerai gli occhi!”
“Vai fuori a giocare, piuttosto, che c’è un tempo stumento.”
“Spegni la luce! È tardi!”
Sì, allora il tempo era sempre troppo bello per leggere, e la notte troppo buia» (p. 12).

«Grande piacere di lettore, questo silenzio dopo la lettura!» (p. 14).

«L’intimità perduta…
A ripensarci in quest’inizio di insonnia, il rituale della lettura, ai piedi del suo letto, quando era piccolo - orario fisso e gesti immutabili - aveva qualcosa della preghiera. Quell’improvviso armistizio dopo il frastuono della giornata, quell’incontro al di là di ogni contingenza, quel momento di silenzio raccolto che precede le prime parole del racconto, la nostra voce finalmente identica a se stessa, la liturgia degli episodi… Sì, la storia letta ogni sera assolveva la più bella funzione della preghiera, la più disinteressata, la meno speculativa, e che concerne solamente gli uomini: il perdono delle offese. Non confessavamo nessun peccato, non cercavamo di conquistarci nessuna fetta di eternità, era un momento di comunione, tra di noi, l’assoluzione del testo, un ritorno all’unico paradiso che valga: l’intimità. Senza saperlo, scoprivamo una delle funzioni essenziali del racconto e più in generale dell’arte, che è quella di imporre una tregua alla lotta degli uomini.
L’amore ne usciva rinato.
E gratis» (p. 26).

«Solo che noialtri “pedagoghi” siamo usurai impazienti. Detentori del Sapere, lo prestiamo contro interessi. E vogliamo che renda, e in fretta! Se ciò non accade, è di noi stessi che dubitiamo» (p. 38).

«Rileggere non è ripetere, ma dare una prova sempre nuova di un amore instancabile» (p. 45).

«E per cominciare l’ammissione di una verità che si oppone radicalmente al dogma: la maggior parte delle lettura che ci hanno modellati non le abbiamo fatte per, ma contro» (p. 66).

«[…] quel che abbiamo letto di più bello lo dobbiamo quasi sempre a una persona cara. Ed è a una persona cara che subito ne parleremo» (p. 70).

«Il fatto è che il piacere di leggere era vicinissimo, imprigionato in quelle soffitte adolescenti da una paura segreta: la paura (molto molto antica) di non capire.
Avevano semplicemente dimenticato che cos’era un libro, cos’aveva da offrire. Avevano dimenticato, per esempio, che un romanzo racconta prima di tutto una storia. Non sapevano che un romanzo deve essere letto come un romanzo: placare prima di tutto la nostra sete di racconto» (p. 94).

«Una sola condizione a questa riconciliazione con la lettura: non chiedere niente in cambio. Assolutamente niente. Non erigere alcun bastone di conoscenze preliminari intorno al libro. Non porre la benché minima domanda. Non dare alcun compito. Non aggiungere una sola parola a quelle delle pagine lette. Nessun giudizio di valore, nessuna spiegazione del lessico, nessuna analisi testuale, nessuna indicazione biografica…
Proibirsi assolutamente di “parlare intorno”.
Lettura-regalo.
Leggere e aspettare.
Non si forza la curiosità, la si risveglia» (p. 102).

«In fatto di lettura, noi”lettori” ci accordiamo tutti i diritti, a cominciare da quelli negati ai giovani che affermiamo di voler iniziare alla lettura.
1) Il diritto di non leggere.
2) Il diritto di saltare le pagine.
3) Il diritto di non finire un libro.
4) Il diritto di rileggere.
5) Il diritto di leggere qualsiasi cosa.
6) Il diritto di bovarismo.
7) Il diritto di leggere ovunque.
8) Il diritto di spizzicare.
9) Il diritto di leggere a voce alta.
10) Il diritto di tacere» (p. 116).