La notte di Certaldo, le vie silenziose, il borgo antico, i mattoni rossi, il pozzo nero, la luce soffusa, in cammino verso il punto più alto: Palazzo Pretorio, un tempo Castello dei Conti Alberti. Un tempo, quel tempo in cui Boccaccio scriveva: “[...] veggio campi colli e alberi di verdi fronde e di fiori varii rivestiti [...]; odo cantare gli usignuoli e gli altri uccelli [...]: e con i miei libricciuoli quante volte voglia me ne viene, senz’alcuno impiccio posso liberamente ragionare”. (In “La vita di Dante” scritta da Giovanni Boccaccio”, Sansoni, 1888 - Introduzione, cap. VI, p. LXXXII).