Ci sono camerini che sembrano usciti da un libro di storia del teatro. Non capita spesso, purtroppo. I camerini, chissà per quale principio o disattenzione di chi gestisce gli spazi adibiti a pubblico spettacolo, sembrano quasi non appartenere ad uno spazio aggregativo vivo, vitale, e vengono dunque trascurati, tenuti di poco conto. Come se dell'attore, del musicista, del danzatore, si considerasse solo il lato di gente di spettacolo, gente che deve stare sul palcoscenico, che serve ed è utile ed ha un senso ed una storia da raccontare soltanto lì. E così si può anche farli preparare, da donne e uomini comuni, in spazi angusti, a volte sporchi, a volte senza sedie, senza appendiabiti, perfino senz'acqua (è capitato), perfino al freddo. Tanto, i camerini, chi li vede? Chi mai se ne preoccupa.
E poi ci sono quei camerini che sembrano usciti da un libro di storia del teatro. Ti siedi e tutto torna. Tutto ha un profumo, una storia, un senso. E nel silenzio, nell'attesa, puoi volerti anche del bene e dar da mangiare alla tua curiosità. Allo stomaco penserai dopo lo spettacolo.