Esibirsi al Teatro Argot Studio di Roma ha un vantaggio enorme: è come suonare a casa, tra amici. Il pubblico è a pochi passi. Lo senti respirare. Ne vedi gli occhi, le rughe, le smorfie. Il sorriso degli angoli, il piacere della fronte, il divertimento e la stanchezza delle palpebre. Un sentire reciproco. Se non fosse per la mascherina e per le imposizioni della socialità post covid potresti pensare di andare ad abbracciarlo tra un pezzo e l'altro. Respiri, vibrazioni, piedi che ballano, spalle che saltano, mani che scivolano tra arpeggi e glissati, tutto si trasferisce tra artista e pubblico in modo spontaneo e naturale. Quasi come a casa, per l'appunto. E un po' il Teatro Argot è anche "casa" con quel suo esistere in un interno vivo, abitato, di scale e ascensori, piante, portoni e finestre, cani e biciclette, punti di fuga, punti morti e un cielo alto sulla testa che respira l'aria di Trastevere, il tredicesimo rione di Roma. E quel profumo di un carciofo alla romana - o di una carbonara! - da mangiare insieme, tra amici, davanti a casa.