sabato 16 dicembre 2017

Una giornata di Ivan Denissovic

Ed ecco come e perché sono arrivato a Una giornata di Ivan Denissovic, di Aleksandr Selgenitsin, nell'edizione I Garzanti del 1971.

«Sciuchov è allegro: è andato tutto liscio. Dà una gomitata al capitano, per attaccar discorso:
"Ehi, capitano, dimmelo tu: dove va a nascondersi, secondo la vostra scienza, la luna vecchia?"
"Cosa?... Dove? Che bestialità! Ma non si vede più, è semplice."
E Sciuchov, scuotendo la testa e ridendo:
"Ma se non si vede più, come fai a sapere che c'è?"
"Secondo te," dice meravigliato il capitano, "ogni mese la luna è un'altra, nuova?"
"E perché no? Non nascono ogni giorno degli uomini? E perché non potrebbe, ogni quattro settimane, nascere una luna?"
"Roba da matti!" e il capitano sputa con disprezzo. "Mai visto un marinaio così scemo. E la luna vecchia, allora, dove andrebbe a ficcarsi?"
"Sono io che lo voglio sapere da te: dove va a ficcarsi?" E Sciuchov ride, mostrando i pochi denti.
"Beh? Dove?"
Sciuchov sospira e, biascicando un po', proclama:
"Da noi si diceva: 'È Dio che sbriciola la vecchia luna per farne le stelle.'"
"Selvaggi che non siete altro!" ride il capitano.
"Ma allora, tu, Sciuchov, credi in Dio?"
"Certo!" risponde Sciuchov in tono sorpreso.
"Quando tuona dal cielo, come fai a non crederci!"
"Ma Dio, perché lo farebbe?"
"Farebbe che cosa?"
"Di sbriciolare la luna per fabbricare le stelle..."
"Questo lo capiscono tutti!" e Sciuchov dà un'alzata di spalle. "Delle volte qualche stella cade, e allora bisogna sostituirla."» (p. 127).

«"In riga per cinque!" ("Via dal cancello!" era inutile dirlo; qualsiasi cancello viene sempre chiuso dal di dentro in modo che se i prigionieri vi premono contro in folla, non possono sfondarlo.) "Prima! Seconda! Terza!"
Proprio a questa conta serale, al ritorno attraverso il cancello del campo, il prigioniero si trova nelle condizioni peggiori. Dopo una giornata di vento, di gelo, di fame, un mestolo di zuppa di cavoli calda - anche senza carne - è per lui come la pioggia in pericolo di secca: di colpo la beve tutta fino in fondo. Adesso per lui questo mestolo conta più della libertà, di tutta la vita passata e di tutta la vita futura.
Quando passano il cancello del campo, i prigionieri, come soldati vincitori, sono allegri, pieni di slancio: lasciateci passare!
Il "merlo" della baracca-comando, se guarda l'ondata dei prigionieri che entrano, gli viene paura.
Ecco, dopo questa conta, per la prima volta dalle sette e mezzo del mattino, dal segnale dell'adunata, il prigioniero diventa un uomo libero.
Passato il grande cancello della zona, passato il cancello piccolo dello spiazzo di mezzo, passata la "linea", passate le due ramate... e adesso andatevene! Ciascuno per i fatti suoi...» (p. 150).

«Cominciò a mangiare. Dapprima succhiò il liquido. Quando il caldo cominciò a diffondersi per tutto il suo corpo, fu come se le budella fremessero incontrando la sbobba. Che bontà! Eccolo, il breve istante per il quale vive il prigioniero! Adesso Sciuchov non sentiva l'offesa della lunga condanna, della giornata lunga, del riposo festivo che non ci sarà di nuovo. Adesso pensava: rimarremo vivi! Sopporteremo ogni cosa e, Dio volendo, tutto questo finirà!
Dopo aver bevuto il liquido caldo di entrambe le scodelle, Sciukov versò il contenuto della seconda nella prima, vi gettò anche i resti solidi, e diede una raschiatina con il cucchiaio. Così si sentiva più tranquillo, non c'era più da pensare, da sorvegliare né con lo sguardo, né con le mani. Appena liberi gli occhi, curiosò nella scodella dei vicini. Il vicino di sinistra non aveva che acqua. Che carogne, cosa ti fanno a un compagno!
E Sciuchov cominciò a mangiare il cavolo e gli avanzi del liquido. Fra tutte e due le scodelle, trovò una patata. Una patatina così così, naturalmente congelata, con il centro duro e diventata dolce. Invece pesciolini quasi niente, qualche rada lisca senza carne. Ma anche ogni lisca e ogni pinna bisogna masticarle, succhiarne il nutrimento. Naturalmente per fare così occorre tempo, e Sciuchov adesso non ha fretta di andare da nessuna parte. Oggi è come se fosse la sua festa: a pranzo ha avuto due porzioni ed è riuscito a rimediarne due a cena. Per questa ragione può anche lasciar perdere gli altri affari.
Passare da Léttone per il tabacco? Fino a mattina, chissà, potrebbe non rimanerne più.
Sciuchov cenava senza pane: due porzioni, e per giunta il pane, sarebbe stato troppo lusso, il pane servirà per domani. Il ventre è un ingrato, non ricorda il bene ricevuto, domani vorrà avere di nuovo» (p. 167).