lunedì 6 dicembre 2010

Un post per il postino

Caro Lettore,
ti ricordi del postino, quello che veniva a portarti la posta, che in paese conoscevamo tutti, che sapevi a che ora arrivava, che salutavi per nome? Il privilegiato! O lo sfortunato nel privilegio… tra i postini privilegiati… per il solo fatto d’essere sulle strade, lontano da una scrivania? Ieri l’ho incontrato. Ti ricordi di come negli anni ’90 vincere il concorso per entrare alle Poste fosse la sicurezza di un futuro certo in fasce orarie certe di solo certi giorni? Ieri ne abbiamo parlato e gli ho detto che in queste mattine di pioggia a volte penso proprio a lui. Penso al postino con la motoretta, o la bicicletta, che ogni mattina chissà di che tinta imbianca il volto nel guardare il cielo e nel prepararsi al peggio. Non che stia male, per carità. Non siamo messi meglio noi attori, specie a Natale, costretti in quei brutti costumi rossi, al freddo e al gelo. E c’è di peggio. Di molto peggio. Eppure noi di questa sorte eravamo forse un poco esperti ma lui, in quegli anni ’90 che a ricordarli nei sogni che trangugiavano viene una malinconia da far piangere i sassi, quando gioiva per il concorso vinto, e il sogno realizzato, mica lo sapeva in che cosa si sarebbe cacciato! Ed io che l’invidiavo!
Ieri ci abbiamo sorriso, sul sogno e sull’invidia, perché il postino, oggi, caro Lettore, non solo porta la posta ma… la vende. In tutti i giorni in tutti gli orari. E vende libri, schede telefoniche, telefoni, penne, televisori, viaggi… Ed è chiamato a venderli, anche il ‘fortunato’ che sta alla scrivania, allo sportello, per tirare avanti la baracca e vincere la concorrenza e sperare che il suo posto non diventi mai il primo da sacrificare. Oggi il postino che conosci ha i capelli bianchi, un po’ più dei nostri. La gran parte della sua borsa è piena di carta che nemmeno sarà letta: pubblicità. E lui lo sa che il suo lavoro, per un buon 50% - sono ottimista -, sarà utile solo al cestino e allo spreco del mondo. La flessibilità è entrata nei suoi orari, nelle sue relazioni, nelle sue conoscenze. Deve promuovere l’azienda e saper parlare di prodotti bancari mentre versa i contanti di una pensione. Di telefoni mentre incassa i contanti di una bolletta. Deve conoscere le lingue, la psicologia. Deve saper trovare lo straniero, l’indirizzo caotico, il numero nascosto. Deve progettarsi architetto, geometra, stradario umano. Deve saper spiegare all’ultimo della fila perché si è fermato un momento, perché quell’altro è passato avanti, perché non ci sono i modelli prestampati, perché quel modello è solo in fotocopia e non può essere portato via, perché quello sportello è chiuso quando la fila esce dal portone e gli accidenti entrano dalle finestre!
Il postino è ormai una professione completa, e complessa. Siamo sicuri che nella riforma della scuola anche il postino non meriti dei suoi propri studi aggiuntivi, come è già successo a noi disgraziati musicisti, e non sia costretto a prendere un qualche diploma professionalizzante?
Sì, non sta malissimo, è sempre un ‘fortunato’ tra i ‘fortunati’. Ma adesso un po’ gli vien da ridere e un po’ da piangere. Prima rideva e basta!