giovedì 16 ottobre 2025

L'ultimo segreto per un mondo migliore

È sempre un piacere leggere Dan Brown. Immergersi in quella tensione che è immersione nel sapere, nella curiosità, nella storia, in radici e ramificazioni che pensavi di conoscere e che ti accorgi di poter leggere e guardare diversamente e con una diversa mente. 
L’ultimo segreto” (Rizzoli) è finito in libreria ma voglio qui conservare queste poche parole così legate al nostro tempo. Per i curiosi stanno alle pagine 760-762 e non consiglio di arrivarci senza leggere quelle che le precedono.

«A quanto emerso, però» spiegò Katherine, «l'attacco e la fuga non sono le uniche reazioni del cervello alla paura della morte. Esiste una risposta più graduale, che si consolida nel corso degli anni quando sentiamo che il mondo non è più un luogo sicuro. Uno scenario che ormai riguarda molte persone.»
«È una paura razionale» commentò Nagel.
«Ogni giorno siamo esposti a un bombardamento mediatico che ci ricorda come l'ambiente sia in pericolo e siano sempre più concrete le minacce di una guerra nucleare, di pandemie incombenti, di genocidi e delle altre infinite atrocità compiute sul nostro pianeta. Tutte queste informazioni innescano nel cervello una strategia di gestione del terrore che lavora in background: non attiva la modalità di attacco o fuga, ma ci predispone al peggio. In sostanza, più il mondo diventa terrificante più tempo trascorriamo a prepararci inconsciamente alla morte.»
Nagel non era sicura di aver capito dove stesse andando a parare il discorso. «Prepararci alla morte... come?»
«Credo che la risposta la sorprenderà. Di certo ha sorpreso me. Mentre facevo delle ricerche sul cervello e la salienza della mortalità, ho scoperto che la paura crescente della morte causa un'importante serie di risposte comportamentali. Tutte egoistiche.»
«Scusi?»
«La paura ci rende egoisti» chiari Katherine. «Più temiamo la morte, più ci aggrappiamo a noi stessi, ai nostri averi, ai nostri spazi sicuri... a ciò che ci è familiare. Mostriamo una maggior propensione al nazionalismo, al razzismo e all'intolleranza religiosa. Ci facciamo beffe dell'autorità, ignoriamo le convenzioni sociali, rubiamo agli altri cosi da accumulare per noi e diventiamo più materialisti. Abbandoniamo persino il nostro senso di responsabilità ambientale, perché pensiamo che il pianeta sia una causa persa e che siamo comunque condannati.»
«Uno scenario allarmante» concordò Nagel. «Sono proprio questi comportamenti che alimentano le tensioni globali, il terrorismo, i divari culturali e le guerre.»
«Sì. […] Purtroppo si innesca un circolo vizioso: più la situazione peggiora, peggio ci comportiamo. E peggio ci comportiamo, più la situazione peggiora.»
«E secondo la sua teoria questa spirale preoccupante deriva dalla paura che l'uomo ha della morte?»
«Non è una mia teoria» replicò Katherine. «È dimostrata scientificamente da una montagna di prove statistiche raccolte attraverso analisi osservazionali, esperimenti comportamentali e sondaggi demoscopici. Il punto più rilevante, però, è il comportamento mostrato da chi, per qualsiasi ragione, non teme la morte: più benevolo, più aperto al prossimo, più collaborativo, più rispettoso dell'ambiente. Questo significa che, se riuscissimo a liberarci la mente dal terrore della morte...»
«Ci ritroveremmo a vivere in un mondo migliore.»