giovedì 9 ottobre 2025

La parte migliore del giorno

Citazioni da Philippe Delerm, La parte migliore del giorno, Frassinelli. Quello che intendo tenermi perché un po’ mi riguarda.

(Pag. 28) Sono una bella cosa gli spettacoli della domenica pomeriggio: dissipano un po’ l’inevitabile malinconia delle serate domenicali, di cui tutte le domeniche sere rimangono prigioniere. 

(Pag. 29) Le due giovani donne sono bionde, magre, elegantissime nel loro abito nero. Le musiciste sono quasi sempre carine; il signor Spitzweg ha l’impressione che una volta non fosse così. Gli strumenti si accordano. Tra il pubblico qualcuno si schiarisce la voce. Non appena inizia il primo pezzo, uno spettatore è colto da un incontenibile attacco di tosse. Ci sono sempre tante piccole cose irritanti nei concerti. Quasi dei riti. Alla fine del primo movimento alcuni applaudono. Arnold non sa cos’è più fastidioso: l’imbarazzo quelli che applaudono e si ritraggono sentendo di non essere seguiti; il disprezzo quasi palpabile di chi sa e considera gli altri dei bifolchi; o la mansuetudine dei musicisti, che accettano che non tutti siano melomani e abbozzano un sorriso di perdono prima di attaccare subito con il movimento lento, per non prolungare l’equivoco. 

(Pag. 45) Ma per il momento si concentra solo sulla voluttà del gesto con cui estrae dalla tasca il coltellino svizzero che non usa mai, che gli gonfia i pantaloni del piacere dei godimenti inappagati. “Può servire per un sacco di cose”. 

(Pag. 54) Quanto a lui, Arnold non vedeva un’antinomia tra la sua tendenza a vivere piccole bolle di tempo cristallizzato e il desiderio di prolungarle, di autenticarle con le parole. Forse perché non poteva ambire allo stile? Scriveva le parole come gli venivano, senza un vero sforzo e senza ricerca. Provava, al contrario dei grandi scrittori votati il silenzio, la deliziosa sensazione di moltiplicare il potere del presente attraverso la tentazione di raccontarlo.

(Pag. 71) È curioso, ma rimpiange quella fase della vita. Sono così forti i primi caldi estivi quando ci si gioca il futuro. Si è innamorati, si ha paura, ma i mattini sono talmente leggeri, nella freschezza che precede il sole sicuro. Si prova in maniera confusa il piacere di stare bene nel proprio corpo, anche se non si sa ancora come un giorno possa scomparire. È così che si vede il mondo, anche se è eccessivo. Si ha qualcosa da perdere. 

(Pag. 149) Arnold si lascia avvincere spesso dalle onde del piccolo schermo. Ogni volta che ha parlato di reality show, Dumontier o Jeanne Corval lo hanno messo alle corde: “Non so cosa sono, non li guardo”. Il signore Spitzweg non potrebbe dire altrettanto. Li ha guardati, affascinato da quel desiderio di una notorietà fine a se stessa. Ogni tanto si è giustificato con Clémence, la sola che gli dia retta: “Sotto c’è come un’angoscia metafisica. Un bisogno di esistere che non poggia sul nulla. Questo è tipico della nostra epoca. Mi fa inorridire, certo. Ma stranamente mi riguarda”.