lunedì 29 novembre 2010

Ad Assisi

Caro Lettore,
vedi che sono rapido con le news? Ci siamo lasciati a Faenza ed eccomi con un nuovo invito: Assisi. L’appuntamento - gratuito! - è per mercoledì 1° dicembre alle ore 21:00 presso la Ex-Pinacoteca in Piazza del Comune. A deliziarti le orecchie Enrico Fink & MultiMondi Peace Ensemble (Enrico Fink, voce e flauto; Maher Draidi - darbouka; Massimo Ferri, chitarra e bozouki; Gianni Micheli, clarinetti) in occasione del corso per insegnanti “Insegnare i Diritti Umani” organizzato dal Comune di Assisi, Ufficio per il Sostegno alle Nazioni Unite e dalla SIOI, la Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale. Il concerto è presentato dall’Associazione Ritmi. Mica male!

Scrive l’Associazione Ritmi: «La nostra associazione è stata individuata grazie all'impegno che da tempo mette nel proporre sul territorio, e non solo, momenti culturali di alto livello, spinti dal desiderio di sensibilizzare le coscienze su temi di forte attualità sociale.
L’idea di partecipare alla settimana di studi con un concerto nasce dalla consapevolezza e dall’approfondimento della “world music”, inteso come universo di sonorità provenienti dalle diverse tradizioni etno-musicali del mondo. Lo studio di questa disciplina ha portato, in maniera evidente negli ultimi decenni, alla capacità di riconoscere nello stile musicale di derivazione culturale, religioso, tradizionale, geografico, una fonte inestimabile di cultura nella sua massima concezione. La world music, pur essendo un fenomeno divulgativo del patrimonio dei suoni e delle melodie su ampia scala, ha permesso l’approfondimento di molteplici caratteristiche appartenenti a singole “micro-culture”».

Da Faenza

Caro Lettore,
questo lunedì non è come tutti. Noi dell’OMA siamo un poco più grandi e un poco più forti. Poco, certo, ma in forma “indipendente”, che è quanto ci aggrada. Indipendente come il MEI, il Meeting delle Etichette Indipendenti, che sabato ci ha coccolato nel ventre di Faenza, nella pancia del Teatro Masini, bello e trionfante.
Faenza era fredda ma serena. Risuonava in ogni angolo del centro, nei cuori delle piazze. Brillava di musica e noi ne facevamo parte. Ninnoli di un gigantesco albero natalizio per far sorridere il mondo, e farlo ballare.


Ci abbiamo provato. In un’organizzazione ferrea, ma puntuale, abbiamo portato da Arezzo a Faenza il nostro modo di intendere la musica e le ragioni per cui amarla. Il Premio “Suoni di confine” promosso da Emergency e conferitoci dal MEI ne è l’inaspettata (ma meritata, voglio aggiungere) gratificazione.
Del concerto, poi, non posso dirti molto. In una notte piena, condivisa con tanti artisti, il nostro tempo a disposizione era di solito quanto ci basta per scaldar le mani prima che i suoni prendano la parola. Ma di più non era possibile fare. E allora bene così.


Voglio però raccontarti di questa felice notizia che renderà la trasferta a Faenza dell’Orchestra Multietnica di Arezzo forse memorabile, se non per tutti certo per molti. Da oggi anche per te. La nostra più piccola mascotte, il secondogenito di Salma Akter, cantante bengalese, nei camerini del teatro Masini ha mosso per la prima volta i suoi passi nel mondo… senza sostegno. Grandioso! Anche lui, il suo premio, se l’è portato a casa! Andava detto. 


P.S.
Caro nuovo piccolo passeggiatore sul mondo. Non so se riuscirai mai a leggere queste parole, ne dubito fortemente. In ogni modo accogli questo mio pratico consiglio. Studia la musica. Impara a leggerla e a goderne. Segui i consigli di tua madre: se ne intende. Ma poi, se avvertirai d’essere portato per una qualche professione che il mondo riconosce come “pratica” e “utile”, buttatici a capofitto, distogli ogni pensiero dal dedicare il tuo tempo, se non quello perduto, all’arte dei suoni - e all’universo che chiamasi “cultura” in senso lato -, e usa la musica solo per il tuo dopocena. I vantaggi che ne avrai sono indicibili, specialmente nel mondo che ci prospettano i nostri governanti, anche se non potrai pubblicare sul tuo blog le foto dei tuoi concerti. Fai un po’ tu… io te l’ho detto.

venerdì 26 novembre 2010

Pronti per il Premio MEI 2010

Caro Lettore,
ci siamo.
I leggii, i dischi, gli album, quel che serve di microfoni e amplificatori sono nella macchina. Clarone e sax sono al calduccio. Le parti sono nella loro cartellina. Il Pratomagno è bianco di neve. Non manca nulla.
Da par suo il Teatro Masini di Faenza, deputato a contenere la marea multisonora e multicolore della premiazione al MEI di domani sera, promette bene ed è già al completo. Sono lieto ed emozionato. E l’emozione è ancora più forte perché condivisa fra tanti. Perché non già più singola ma entità di un collettivo con una sua propria anima: l’Orchestra Multietnica di Arezzo.
Per mia fortuna ci sono sogni che diventano musica. E c’è musica che plasma ancora sogni. A domani!

P.S.
Oltre all’Orchestra Multietnica di Arezzo suoneranno nella stessa serata: Sara Loreni, Marco Ongaro, Farabrutto, Ivano Marescotti, Marzio del Testa & Quartiere Tamburi con Djeli Kan & Canti Erranti, Oriental Night Fever e l’Orchestra di Porta Palazzo. Preparati a far tardi!

Delle ultime cose

Caro Lettore,
la crisi è arrivata. Adesso si sente, si vede. Non è più una voce al telegiornale. Sono gli amici in cassa integrazione. Sono le scuole che annullano i bandi. Le pubbliche amministrazioni che rinunciano alla cultura, scuotendo la testa. Sono i laboratori teatrali e musicali che non hanno più un costo. Che non hanno più un prezzo. Che valgono meno del tempo che hanno richiesto solo per essere immaginati. Vivo nell’inflazione delle idee. Penso una cosa e so già che pochi istanti dopo, solo averla pensata, mi sarà costato più che il compenso di una sua improbabile realizzazione. Su cui devono mangiare in tanti. Paradossale.
Sono nato in tempi di confine ma non invidio i giovani di oggi. Quando ho iniziato il Conservatorio bastava diplomarsi per trovare un lavoro serio, onesto, ben pagato. Quando mi sono diplomato non c’era più nulla ma c’era speranza. Frequentare il Conservatorio oggi è solo la tappa, una delle tante, di un cammino incerto, contradditorio. Avvilente.
Quando mi sono laureato le opzioni per gli umanisti erano già più che ridotte ma ho seguito i miei studi incoraggiato da borse di studio generose, leggendo molto, incontrando docenti animati da antichi splendori. Non ho mai avuto paura del futuro. Non ho mai temuto che non ci fosse una stanza per ospitarmi. Chi studia oggi deve avere innanzitutto un borsello chiacchierone, quindi voglia di perder tempo. Oppure mettersi lo zaino in spalla. E non dev’essere donna. Non ambire a coniugare carriera e figli perché per questo non ci sarà rispetto, né contratto.
Nella mia scuola elementare c’era una sola insegnante, eccelsa, ma parlavamo tutti la stessa lingua ed avevamo nomi che bastava saperli pronunciare per saperli scrivere. Il mondo è cambiato. È cresciuto. Ed è la mia generazione, ora insegnante, ora governante (chi c’è riuscito), a non vederne i segni. Ad occultarli.
Mi par quasi che stia in questo essere generazione di confini, il problema. È l’uomo adulto, il saggio, il maturo, il vecchio, che non dispensa più consigli e benedizioni ma davanti al deserto prosciuga il fiume - chi ha mano all'acqua - ed ogni risorsa prima di mettersi in cammino. Di varcare il confine. Arriverà forse a posare il piede su un’altra sponda ma che ne sarà dei suoi fratelli? Dei suoi figli? Col fiume in secca, col grano tagliato? I piccoli, le donne, i granelli del futuro?
Potremmo far meglio. Avremmo potuto farlo. Ma ognuno ha il suo confine. Ognuno ha il suo fiume da prosciugare. Riusciranno a perdonarci le nuove generazioni dei corpi e delle menti, i loro, che stiamo sacrificando per il nostro piacere e la nostra meschina sopravvivenza? E se fossimo proprio noi a non sopravvivere? Se quell’acqua fosse già imbevibile?

lunedì 22 novembre 2010

Dentro di noi

Caro Lettore,
leggi questa…

«Ancor più che fuori, le cause delle guerra sono dentro di noi. Sono in passioni come il desiderio, la paura, l’insicurezza, l’ingordigia, l’orgoglio, la vanità. Lentamente bisogna liberarcene. Dobbiamo cambiare atteggiamento. Cominciamo a prendere le decisioni che riguardano gli altri sulla base di più moralità e meno interesse. Facciamo più quello che è giusto, invece di quel che ci conviene. Educhiamo i figli a essere onesti, non furbi. Riprendiamo certe tradizioni di correttezza, rimpossessiamoci della lingua, la cui parola “dio” è oggi diventata una sorta di oscenità, e torniamo a dire “fare l’amore” e non “fare sesso”. Alla lunga anche questo fa una grossa differenza».
Tiziano Terzani, Un mondo che non esiste più, Longanesi, 2010, p. 261.

domenica 21 novembre 2010

Pappa toscana

Caro Lettore,
stiamo studiando combinazioni e metamorfosi. Chimiche e acustiche. Abbiamo trovato il pane duro, in cucina, e ci siamo messi a lavorarlo. È il “pane della tradizione musicale popolare toscana”. In verità Jessica Lombardi, la cuoca, è da un po’ che lo lavora, solo che adesso ha chiamato anche me in cucina. Una cucina tutta nuova… in un casolare vecchio stampo, che gronda anni e storie e custodisce memorie! E così abbiamo aperto la dispensa, preso quel che c’era tra gli strumenti musicali - qualcosa di fresco e qualcosa in barattolo - e l’abbiamo cotto col pane. Ne è venuta fuori l’anomala “pappa” che, unta con l’olio della nostra disciplina culturale, è l’esperimento di cui ti racconto.
Il risultato ci ha sorpreso. Merito dell’olio nuovo… merito del cavolo o del pane duro, in ottimo stato e scricchiolante, questa pappa fresca c’è scorsa tra le mani e ce la siamo mangiata rallegrandocene boccone su boccone, cucchiaio dopo cucchiaio di fisarmonica, di piva e di clarone (e di flauti e di tamburelli e di kazoo e di cajoon e di…).
È ancora un esperimento. Una prova a porte chiuse. È per ora nient’altro che l’omaggio mio e di Jessica all’accoglienza e all’amicizia. E alla cucina musicale delle cose minime eppur gustose perché sanguigne, plurigenerazionali. Ma è anche l’inizio. Ed il futuro.
Appena ci saranno occasioni pubbliche, prometto, ti spedirò un invito. Non mi dimenticherò di te e della tua pazienza. E nell’attesa gustati questi due assaggi. Per farti un’idea e placare il languorino.
Buona domenica! Buona pappa! Buon pappappetito!



venerdì 19 novembre 2010

La perdita della qualità

Caro Lettore,
leggi questa…

«La perdita della qualità, così evidente a tutti i livelli del linguaggio spettacolare, negli oggetti che esso loda come nei comportamenti che regola, non fa che tradurre i caratteri fondamentali della produzione reale che scarta la realtà: la forma-merce è da parte a parte l’uguaglianza a se stessa, la categoria del quantitativo. È il quantitativo che essa sviluppa, e in quello soltanto essa può svilupparsi».
Guy Debord, La società dello spettacolo, Punto 38.

mercoledì 17 novembre 2010

L’Album dell’OMA (Orchestra Multietnica di Arezzo)

OMA - Orchestra Multietnica di ArezzoCaro Lettore,
sono passati poco più di tre anni dalla fondazione e l’OMA - Orchestra Multietnica di Arezzo vince il Premio “Suoni di Confine” al Meeting degli Editori Indipendenti (MEI). Sabato prossimo, 27 novembre, saremo tutti a Faenza per festeggiare nel modo migliore che conosciamo: suonando. Vieni?
Ma prima ancora, in omaggio a questi tre anni di lavoro e d’impegno, proprio nel tempo in cui l’OMA cambia pelle e diventa Associazione di Volontariato, voglio parlarti della ricerca che ho fatto per portare il mio personale contributo, e ringraziamento, a questa straordinaria forma d’incontro e di comunicazione, e a chi le ha dato vita e permette che continuino a fluirle note e pace nelle vene.
All’inizio ero incerto sulla forma da dare ai contenuti del mio omaggio all’OMA. Finché ho immaginato un sentiero che sposasse le tante foto che conservo di quest’orchestra, grazie innanzitutto a un’impareggiabile compagna di vita, alle molte parole uscite sulla stampa, a volte estremamente lusinghiere, che ne hanno accompagnato la storia.
Il risultato è l’Album fotografico “OMA - Orchestra Multietnica di Arezzo” che vedi (se segui il link sul titolo e sull'immagine) e che metto a tua disposizione per una visione semplice e gratuita.
Se, incontenibile cultore della memoria (come me), tu fossi desideroso di sfogliarne una copia cartacea - o più… regala l’Album dell’OMA per Natale! - sei pregato di farne richiesta alle Officine della Cultura. Quello che avanzerà dal puro costo di stampa sarà devoluto interamente all’Orchestra a sostegno dell’attività didattica.
Grazie ancora per il tuo sostegno. Ci vediamo al MEI!
Per approfondire il lavoro dell’OMA vai alla pagina: www.orchestramultietnica.net.

mercoledì 10 novembre 2010

Io e te non siamo ancora uguali

Io e te non siamo ancora uguali.
Io tremo tu fremi.
Io piango tu piovi.
Io scatto tu aspetti.
Io penso tu senti.
E domani
Io sarò e tu no.
Ma solo domani.
Poi t’incontrerò.

lunedì 8 novembre 2010

Funerale alla stampante… rimandato!

Caro Lettore,
che mondo meccanico, che relazioni incivili! Dopo 12 anni di onorato – e instancabile – servizio la mia formidabile Epson Stylus Color 670 s’abbacchia, lampeggia nei 3 led, contemporaneamente, rinuncia. Ha visto passare dati da quattro pc diversi, ha cambiato casa 4 volte, ed ora s’arrende e molla la presa. Non risponde, pare aver perso occhi e orecchie… la vecchiaia? La capisco! Ah, come la capisco e, non avendo più nulla dell’originario pacchetto, m’appresto a sacrificarla – d’altronde con quel che costano le stampanti nuove perché spendere per ripararne… forse… una tanto vecchia? Eppure ho un tarlo che mi rode. Sarà perché con 8 euro riesco ancora a ricaricare nero e colore, sarà perché ci sono affezionato, faccio una ricerca in internet – “solo per scrupolo” mi dico, certo del suo funerale necessario – e trovo invece un “grande” che scrive su un blog di nome www.ieie.it che spiega la malafatta… anzi il malaffare! È solo un trucco della Epson per spingerti ad entrare in un centro riparazioni… e magari, allettato, acquistare una stampante nuova (che avrà almeno 4 diversi contenitori di inchiostro per la modica cifra di 40 euro di ricarica e che prometterà di far durare i colori in eterno…).
Non volevo crederci ma ho seguito il consiglio del blog – accendere la stampante tenendo premuti insieme i tasti carta e inchiostro quindi, all’accensione del led carta, premere immediatamente il pulsante inchiostro per poco oltre i 10 secondi fino all’accensione dei 3 led e al normale ripristino delle funzioni della stampante – ed ora celebro la rinascita della mia più vecchia amica informatica! Grazie Ieie e grazie a questa rete paladina della libera informazione!

giovedì 4 novembre 2010

Mattine col giornale in bocca

Caro Lettore,
ci sono mattine che nascono con l’oro in bocca. Anzi: col giornale. Come questa che ha portato le buone note di Osvaldo Tavarnesi (Il Nuovo Corriere Aretino) sulla replica di “Rosa Lullaby” al Teatro Rosini di Lucignano. Sarà ma… ha smesso di piovere…
Se non riesci a leggere bene segui il link.
Buona giornata anche a te!

martedì 2 novembre 2010

Di figli, teatro e genitori

Caro Lettore,
in questi anni di teatro per l’infanzia ho visto bimbi tristi e bimbi allegri. Bimbi muti e incontenibili. Bimbi Iperattivi. Iperiperattivi o talmente fermi da sembrare sedati, chimicamente placati. O con le pietre tra i polmoni. Bimbi pensierosi e spensierati. Bimbi e genitori. Presenti e assenti. O distanti ma assordanti. Perché al teatro/laboratorio per i bimbi il genitore va spesso come a una festa di compleanno, come a un’animazione trastullante, di poche pretese, quasi ignorante talmente è infantile e, all’apparenza, “inintelligente”. Non sono genitore, Lettore, ma dalla parte di chi sta coi bimbi, e li organizza in occhi e orecchie e lingue per fare un gioco chiamato ‘teatro’ - ma che già, per me, è il futuro che cerca ragioni, anche nei bimbi, anche coi bimbi -, m’è capitato spesso di lamentarmi di quel brusio genitoriale che col teatro definito ‘per i bimbi’ s’assenta, s’astiene e, nell’attesa, fa anticamera coi suoi simili e si ciarla e si racconta. A voce alta! Come se il bimbo e chi l’organizza si trovasse bene solo in quel frastuono che ormai è la nostra cucina all’ora di cena coi racconti del giorno - quando ci sono - e la televisione accesa in uno stesso tempo, in una stessa storia. Che disastro di racconti! Che storie venute male! Che trame caotiche, insensibili, dispersive alle orecchie dei bimbi e alla loro grande memoria pensante.
E poi viene quel giorno in cui figli e genitori si presentano integri e compatti come opere d’arte esposte in galleria di cui non si riconosce dove la cornice ha fine e l’opera inizio. In cui il fanciullo è grande della fanciullezza che il grande ancora custodisce e si diverte a rappresentare. Questi sono i bimbi e gli adulti che porto nel cuore e per i quali il mio scrivere e fare teatro non è più lavoro, né mestiere, ma è la ‘simpatia’ del diapason che risuona di quel che altri fanno vibrare.
A loro dico grazie perché senza di loro sarei carne e mente da macello, talmente inutile da poter essere assente.

Nella foto gli ultimi di questa stirpe generosa che mi è stato dato in sorte d’incontrare. Il pomeriggio era di pioggia ma non si vede. Eravamo al sole, noi, di una favola in costruzione e non solo in senso letterale. Rischiarati dagli scaffali della libreria Fahrenheit 451 di San Giovanni Valdarno. È a voi che dico grazie!