venerdì 31 dicembre 2010

giovedì 30 dicembre 2010

«E allora vattene» disse il 201 allo 0. «Troverò qualche 1 che ti sostituisca!»

lunedì 27 dicembre 2010

Petit, il poeta

Caro Lettore,
col nuovo anno che batte i piedi e affila i denti t’auguro di rinascere con la voce del poeta “Petit”. È il mio un omaggio video dall’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters messa in piedi dal regista Riccardo Massai (Archetipo - Rete Teatrale Aretina) in quello straordinario evento che ha coinvolto i cimiteri toscani, tra cui quello di Arezzo, nel passato 3 ottobre 2010. Le intere voci degli amici che ci sono cari potrai ascoltarle seguendo il link da youtube. Ancora auguri.

giovedì 23 dicembre 2010

Auguri per il 2011


Per quest'anno puoi cambiare:
niente spiaggia, altro mare...

La pubblicità del tempo

Caro Lettore,
il periodo induce a riflettere. Guy Debord lancia la sfida:
«Questa epoca, che mostra a se stessa il proprio tempo essenzialmente come un ritorno precipitoso di innumerevoli e varie festività, è però anche un’epoca senza festa. […] Quando le sue pseudo-feste volgarizzate, parodie del dialogo e del dono, incitano a un sovrappiù di spesa economica, non restituiscono che la delusione sempre compensata dalla promessa di una nuova delusione. Il tempo della sopravvivenza moderna deve, nello spettacolo, vantarsi tanto più a gran voce quanto più si è ridotto il suo valore d’uso. Alla realtà del tempo si è sostituita la pubblicità del tempo».

martedì 21 dicembre 2010

Colle che durano

Caro Lettore,
eccoti gli avanzi di un manifesto elettorale di vent’anni fa: 21 aprile 1990. Certo, quegli irriconoscibili partiti politici non sono sopravvissuti alla prova del tempo, né della storia, né del voto dei propri elettori … ma la colla… che diamine: quella sì che era colla! Che darei per averne il nome!


sabato 18 dicembre 2010

10 scatti per la neve

Caro Lettore,
ieri (e oggi... e forse anche domani), ad Arezzo, un disastro. La nevicata perfetta! E fortuna che un po’ l’istinto un po’ l’occhio m’hanno invitato ad annullare la prova “caffè” (mi perdonino gli amici del comò) visto quello che è successo sulle strade! Tanti centimetri da non ricordarne nella mia memoria: non così vivi, non così bianchi, non così veri. E così, oggi, in una giornata casalinga obbligata - tutti gli impegni sono stati obbligatoriamente annullati -, quale migliore perdita di tempo che fare qualche scatto alla città imbiancata? Ma che fatica trovare angoli privi d’automobili!
Se hai tempo e voglia di leggere ti lascio anche alle prese con questo raccontino, venuto su un po’ per fantasia un po’ per necessaria ironia: Non solo uomini sotto la neve. Gli scatti sono autentici!











venerdì 17 dicembre 2010

Una promessa


Io e te fratelli
eppure agnelli,
la spina flessa
da una promessa.

Un caffè il 17 febbraio 2011

Caro Lettore,
prima d’immergermi nella presunta bufera di neve che sembra aspettare la fascia tosco-umbra t’invito a prendere un caffè con me e con Les Trois Comò (straordinario quintetto) ad Arezzo il 17 febbraio 2011  - tra 2 mesi esatti - in occasione della rassegna “un Consiglio Teatrale” organizzata dalla Presidenza del Consiglio di Arezzo e dell’anteprima di “Nero Profumo - Racconto in musica all’anima italiana del caffè”. La partecipazione è gratuita ma la prenotazione obbligatoria. È possibile prenotare fin da adesso telefonando al numero riportato sull’immagine. Buona giornata!


giovedì 16 dicembre 2010

Babbo Natale e la concorrenza


Caro Lettore,
guarda in che periodo viviamo! Anche Babbo Natale, adesso, ha i suoi concorrenti. Ha la sua bella spina sul fianco. Ha da fare i conti con il business e con il libero mercato e la libera impresa. E pure il più classico dei simboli natalizi: l’abete! Fino a ieri, in giorni come questi, appeso a un muro, a un traliccio, a una finestra, a un caminetto, a un balcone e via e via non avresti trovato altri che i fratellini rossi e cicciottelli della grande famiglia dei Babbo Natale. E dietro alle finestre, a dare sfarzo e luci a pareti di appartamenti sconosciuti, grandi abeti carichi di palle e di colori. E invece ora alzi gli occhi e vedi issarsi sui muri tipi longilinei e muscolosi, a mezze maniche, che con l’inverno e col Natale non hanno niente a che fare. Che sarà mai? Qualche manager d’astuzia e d’inventiva si sarà accorto che la gente, a dicembre, si è ormai abituata ad alzare gli occhi alle finestre, in cerca degli omini rossi e delle luci accese dietro ai vetri?


Che ne dici di questa finestra addobbata di palle e di regali? Non oso immaginare l’albero che ci sta dietro… o sarà stato sfrattato? Finestra vs abete 1 a 0 e pacco al centro. Il Natale è da riconsiderare.
Tu che ne pensi: è un segno di creatività o di disperazione?

Strisce e allucinazioni

Caro Lettore,
ma perché, a tuo avviso, nell’immagine tutto è nitido tranne le strisce discontinue che separano le due corsie autostradali? Forse il telefono con cui il mio passeggero ha scattato la foto era alticcio? Acqua. Forse era alticcio il passeggero? Bufera. Forse era alticcio l’imbianchino? Fuochino. Forse le strisce erano realmente doppie? Fuoco! Ma non solo doppie… erano pure alternate e ti assicuro che la sensazione alla guida era spiacevolissima. Eppure è così: aumentano i pedaggi autostradali, metti la tua vita nelle mani della gente, e degli ingranaggi, e ti ritrovi con due linee che corrono parallele e alternate. Evviva la fantasia, l’inventiva e la libera improvvisazione… anche in autostrada? Ma lo fanno l’alcol test agli imbianchini autostradali?

P.S.
Va bene. Tu mi dici che era per i lavori. Prima le corsie erano più strette e poi si sono fatte più larghe. Sono ingrassate e s’è dovuto fare un buco in più alla cintura… ma il vecchio buco è rimasto segnato, sfigurato. Strada cicciona!

Acciaio

Caro Lettore,
leggi queste da Silvia Avallone, Acciaio, Rizzoli, 2010…

«In quel momento, da dietro lo spigolo della porta, apparve Anna. Non disse niente. Rimase lì, pulita e scalza. Li guardava, non vista, come un piccolo angelo in pigiama estivo. Nel suo alfabeto, quella era una cosa molto bella. La sua mamma con il viso nell’incavo tra il collo e la spalla di suo fratello, era forse la cosa più bella. Quella per cui valeva la pena, nella vita, non barare» (p. 108).

«Il futuro non è un tempo, è un egoismo» (p. 291).

«Se il tempo potesse scivolare inavvertito dentro le stanze, sotto le porte. Se ogni cosa potesse concludersi in quella posizione sbilenca della testa sulla poltrona, le mani riposte in grembo, dimentiche di tutto quello che hanno fatto, senza traccia, come se non avessero mai cementato una casa, e plasmato rotaie, e percorso corpi, e inciso in profondità i figli» (p. 352).

mercoledì 15 dicembre 2010

C'è forchetta e forchetta

Caro Lettore,
vedi l’immagine a fianco? Ritrae una forchetta e un coltello da pesce. Ovvero: la mia prima forchetta da pesce col suo coltello. Forse di forchette da pesce me ne saranno già capitate tra le mani, non ne dubito, i ristoranti anche di pregio in cui ho mangiato, per mia fortuna, sono ormai diversi, ma questa è la prima che riconosco in quanto tale e che si fa riconoscere. Vedi l’apertura centrale? Vedi quel piccolo cuore tagliato nel metallo? È quello che la rende speciale. Non tanto i rebbi (che, dicono, sia il nome dei denti della forchetta - ma chi lo dice? E chi l’ha mai detto a voce alta? Io, giuro, non l’ho mai sentito pronunciare da nessuno… a parte che dei rebbi che mai si dovrebbe dire?) nel loro numero costante: il 4 (ce ne sono anche con 3 e 2… ma non sono da pesce… o sì?). Quanto proprio nel cuore, che può essere più o meno aperto, più o meno dolce, più o meno intarsiato. E che dovrebbe servire… eccomi alla domanda, caro Lettore: a che serve il cuore centrale della forchetta da pesce? Per la lisca? L’avrei sperimentato, se ne avessi avuto occasione, ma nel caso dello scatto la forchetta era abbinata ad un filetto di Salmerino - tra l’altro delizioso - senza una sola lisca a fargli da condimento. E a proposito del coltello: che uso ne fai, tu, del coltello da pesce se dicesi che il pesce non debba essere mai mangiato col coltello? L’uso che ne ho fatto io se sei curioso un giorno te lo racconterò. Fammi sapere.

lunedì 13 dicembre 2010

Al paese dei libri

Caro Lettore,
leggi queste da Paul Collins, Al paese dei libri, Adelphi, 2010…

«Se sei cresciuto in campagna ti sarai accorto che le fattorie vanno e vengono, ma il segno che lasciano le cantine non si cancella. C’è qualcosa di eterno, in quelle fondamenta scavate a mano nella terra. I libri sono le cantine della civiltà: quando una cultura si sgretola, i libri sopravvivono in virtù della loro semplice, ottusa robustezza» (p. 12).

«In verità tutte le epoche sembrano un po’ ingenue a chi viene dopo. Succede perché il passato è l’unico Paese dove è ancora permesso dileggiare gli indigeni. Ma non ridiamo troppo: presto abiteremo lì anche noi» (p. 62).

«Cosa c’è di più atroce della cattiva poesia? Non la vogliono leggere nemmeno gli altri poeti» (p. 97).

«Guardare una biblioteca, una libreria, un archivio è come guardare una città con gli occhi di un archeologo: tanti edifici costruiti sopra città sconosciute e inconoscibili che una volta, forse, sono esistite» (p. 181).

Nel salutarti vorrei che tu portassi all’autore il seguente messaggio. Da quanto scrive so che ci tiene.

Thank you, Mr. Paul Collins. His book Sixpence House. Lost in a Town of Books, published in Italy in 2010, will not be forgotten… by me and many others… for a while.

martedì 7 dicembre 2010

Monarchia

Caro Lettore,
leggi questa…

«“Il mio destino è nelle mani di due sovrani” pensò Walter. “Lo zar e l’imperatore. L’uno è stupido, l’altro decrepito, eppure controllano il destino di Maud, il mio e quello di svariati milioni di altri europei. Un bell’argomento contro la monarchia!”».
Ken Follett, La caduta dei Giganti, Mondadori, 2010, p. 206.

lunedì 6 dicembre 2010

Un post per il postino

Caro Lettore,
ti ricordi del postino, quello che veniva a portarti la posta, che in paese conoscevamo tutti, che sapevi a che ora arrivava, che salutavi per nome? Il privilegiato! O lo sfortunato nel privilegio… tra i postini privilegiati… per il solo fatto d’essere sulle strade, lontano da una scrivania? Ieri l’ho incontrato. Ti ricordi di come negli anni ’90 vincere il concorso per entrare alle Poste fosse la sicurezza di un futuro certo in fasce orarie certe di solo certi giorni? Ieri ne abbiamo parlato e gli ho detto che in queste mattine di pioggia a volte penso proprio a lui. Penso al postino con la motoretta, o la bicicletta, che ogni mattina chissà di che tinta imbianca il volto nel guardare il cielo e nel prepararsi al peggio. Non che stia male, per carità. Non siamo messi meglio noi attori, specie a Natale, costretti in quei brutti costumi rossi, al freddo e al gelo. E c’è di peggio. Di molto peggio. Eppure noi di questa sorte eravamo forse un poco esperti ma lui, in quegli anni ’90 che a ricordarli nei sogni che trangugiavano viene una malinconia da far piangere i sassi, quando gioiva per il concorso vinto, e il sogno realizzato, mica lo sapeva in che cosa si sarebbe cacciato! Ed io che l’invidiavo!
Ieri ci abbiamo sorriso, sul sogno e sull’invidia, perché il postino, oggi, caro Lettore, non solo porta la posta ma… la vende. In tutti i giorni in tutti gli orari. E vende libri, schede telefoniche, telefoni, penne, televisori, viaggi… Ed è chiamato a venderli, anche il ‘fortunato’ che sta alla scrivania, allo sportello, per tirare avanti la baracca e vincere la concorrenza e sperare che il suo posto non diventi mai il primo da sacrificare. Oggi il postino che conosci ha i capelli bianchi, un po’ più dei nostri. La gran parte della sua borsa è piena di carta che nemmeno sarà letta: pubblicità. E lui lo sa che il suo lavoro, per un buon 50% - sono ottimista -, sarà utile solo al cestino e allo spreco del mondo. La flessibilità è entrata nei suoi orari, nelle sue relazioni, nelle sue conoscenze. Deve promuovere l’azienda e saper parlare di prodotti bancari mentre versa i contanti di una pensione. Di telefoni mentre incassa i contanti di una bolletta. Deve conoscere le lingue, la psicologia. Deve saper trovare lo straniero, l’indirizzo caotico, il numero nascosto. Deve progettarsi architetto, geometra, stradario umano. Deve saper spiegare all’ultimo della fila perché si è fermato un momento, perché quell’altro è passato avanti, perché non ci sono i modelli prestampati, perché quel modello è solo in fotocopia e non può essere portato via, perché quello sportello è chiuso quando la fila esce dal portone e gli accidenti entrano dalle finestre!
Il postino è ormai una professione completa, e complessa. Siamo sicuri che nella riforma della scuola anche il postino non meriti dei suoi propri studi aggiuntivi, come è già successo a noi disgraziati musicisti, e non sia costretto a prendere un qualche diploma professionalizzante?
Sì, non sta malissimo, è sempre un ‘fortunato’ tra i ‘fortunati’. Ma adesso un po’ gli vien da ridere e un po’ da piangere. Prima rideva e basta!

giovedì 2 dicembre 2010

Bigolando

Caro Lettore,
ieri, ad Assisi, tutto bene. A parte la pioggia lungo l’intero viaggio di scollinamento in terra d’Umbria - e anche in parte del ritorno - gli amici dell’Associazione Ritmi hanno ancora brillato della loro propria luce. Non so come abbiano fatto - all’epoca non c’era nemmeno facebook! - ma sono riusciti a trovarsi, a riconoscersi, e operando come un unico grande organismo vivente trasformano qualsiasi situazione in un evento, qualsiasi condizione nella migliore possibile. Fortunati noi a stargli per un poco accanto a questi meravigliosi giovani umbri! Fortunato tu se incapperai in una delle loro tante attività d’arte e d’amicizia.
Del concerto non ho foto, non ancora, ma ho la serie dei piatti che ci hanno accompagnato nel dopo concerto, nell’allegra cena di commiato, e vengo ad illustrarteli volentieri e di nuovo con l’acquolina in bocca ben sapendo che resteresti deluso se andando in Umbria non ti parlassi di buon cibo. Sarebbe come fare trekking con le ciabatte… impossibile!

Questa che segue è dunque in parte anche una pubblicità ma quando è fatta col cuore per persone che lavorano bene e se la meritano che male c’è? D’altronde, assicuro, non è in alcun modo retribuita! Eccomi allora a raccomandarti il ristorante “La Stalla”, ad Assisi, in Via Eremo delle Carceri 24. Se passi da quelle parti all’ora di pranzo, o della cena, e non ti fermi vuol dire che hai male al fegato, che hai i crucci allo stomaco, che hai la bile in bocca, che t’ha lasciato l’amore amato… ma l’indirizzo dell’ospedale d’Assisi te lo cerchi da solo, sciagurato!

L’ingresso è un tripudio di brace! In un cantuccio fa bella mostra di sé una torta al testo morbida che ti viene voglia di spalmartela sulla lingua. È calda e profumata… ma non te la sei sognata! 
Come non ti stai sognando gli effluvi che ti solluccherano il naso e che parlano coi versi della salsiccia e del costoliccio, del pollo e dell’agnello. In un angolo, sotto la cenere, sfrigolano delle patate che sussurrano e, lavate con l’olio nuovo, dicono perfino il loro nome e “Buon appetito!”, in coro con una provola nel suo momento migliore, quello in cui la chimica che trasfigura il mondo compie ancora una volta la sua più straordinaria operazione a cuore aperto: trasformare il solido in liquido e il cibo in oro… commestibile!

Ti siedi, sorridi e irresistibile è l’attrazione verso quella brace creatrice ma… devi attendere contemplando con occhi e palato un saporito piatto verde che pare stonare con tanta ciccia sul fuoco. Sono i bigoli a guardarti in quel modo, a implorare: «Mangiaci». 

Suvvia, è un piatto della tradizione cucinato in una stalla vera, e tu siedi dove un tempo riposavano i cavalli e il medioevo tingeva le volte col fumo delle fascine. Te li meriti: assaggiali. Il parmigiano li sposa e tu ci vai a nozze… non si diceva del medioevo? Ecco: appaga il tuo ius primae noctis bagnando il tutto con un vino sensibile e avvolgente, prodotto dalla stessa casa che t’ospita e ti sfama: il Rosso di Fontemaggio.

Goduto il rito del verde passare a quel che rimane è una danza della tovaglia, una coreografia di piatti e di forchette, ma non saresti lieto, e non torneresti a casa satollo come il bambino più buono del mondo a cui sono stati esauditi tutti i desideri, se non immergessi a fine pasto il cucchiaino, prima del goccio liberatorio di Nocino, in una crema di mascarpone che non parla ma canta, e canta in chiave di soprano!

P.S.
Se ti va di godertela proprio tutta fatti accompagnare alla Stalla da un amico astemio e cerca una scusa affinché sia lui a guidare… bravo, m’hai già capito! E in caso contrario dovrai far come me: morderti un dito!